La mitologia in "Bronzo assassino": la Guerra di Troia
STORIA E MITO SI INTRECCIANO NEL ROMANZO DI MARCO BERTOLI

Il romanzo "Bronzo assassino. Intrighi a Sparta", di Marco Bertoli (NPS Edizioni), è un giallo storico ambientato nella Grecia continentale durante la fase terminale dell'Epoca micenea, il così definito Tardo Ella-dico IIIB:2. In questi due articoli lo scrittore ci racconta la Guerra di Troia e la storia di due fratelli: Atreo e Tieste. Cominciamo con il mitico conflitto!
Ho cercato di descrivere le caratteristiche del periodo conclusivo di questa civiltà dell'Età del Bronzo nella maniera più fedele possibile sulla base delle attuali conoscenze archeologiche. Le radici della vicenda narrata nel libro non attingono, però, né ad avvenimenti reali né a personaggi storici bensì alla loro versione trasfigurata dal mito.
(Articolo a cura dello scrittore Marco Bertoli).

La Guerra di Troia. Ultimo quarto del XIII secolo a.C.
Se chiedessimo a un qualsiasi passante chi, a suo giudizio, sia il più grande condottiero della Storia, è probabile che otterremmo come risposta: «Alessandro Magno», «Giulio Cesare», «Annibale» o «Napoleone». Se, invece, gli domandassimo quale consideri essere la guerra più famosa, novantanove su cento ci sentiremo dire con espressione sicura: «La guerra di Troia!»
Curioso come i cinquantuno giorni di combattimenti cantati in un'opera di poesia, l'Iliade, siano assurti nel nostro immaginario collettivo come l'archetipo di tutti i conflitti.
La trama del poema, incluso l'epilogo non presente nei suoi versi, si riassume in poche righe. La guerra fra Achei e Troiani fu scatenata del rapimento di Elena, moglie di Menelao, wanaka di Sparta, e donna più bella del mondo, perpetrato da Paride, secondogenito di Priamo, il sovrano di Troia. Per vendicare l'onore del fratello, Agamennone, signore di Micene, raccolse in un esercito i maggiori comandanti delle città greche e i loro sudditi per muovere contro Troia. Lo scontro durò dieci anni, con perdite di eroi e gente comune in entrambi gli schiera-menti. Troia infine cadde grazie all'astuzia di Odisseo, wanaka di Itaca, e al suo stratagemma del cavallo di legno.

Questo racconta il mito, ma la realtà?
Grazie agli scavi di Schliemann, e a lui successivi, uniti ai documenti dell'Impero Ittita, sappiamo che è esistita una città di nome Wilusa, da cui l'omerico (W)Ilion, capitale di un regno che dominava le rive nord-occidentali dell'Anatolia ed era vassallo del suddetto impero. L'importanza e le ricchezze dell'insediamento provenivano dal controllo che esercitava sullo Stretto dei Dardanelli. Questo, infatti, costituiva un passaggio obbligato per le rotte commerciali che dalla Grecia conducevano ai floridi giacimenti metalliferi del Mar Nero.
Frutto ambito al centro dei complessi e spesso bellicosi rapporti fra gli Ittiti e gli Achei, Troia doveva infine cadere vittima di un raid condotto da questi ultimi in un momento di debolezza degli antagonisti. Il successo della scorreria dovette destare così grande rinomanza da essere tramandato nei secoli successivi. La trasmissione orale, poi, ingigantì i fatti e i protagonisti al punto di tramutare uno scontro risoltosi in pochi mesi in una guerra protrattasi per dieci anni che vide perfino l'intervento delle divinità a sostegno degli eroi di ambedue le fazioni.
Nonostante quanto riferito e le evidenze archeologiche visibili sulla collina di Hissarlik, l'identificazione di uno dei livelli (Troia VIIa) con la città descritta da Omero e rasa al suolo dopo un assedio rimane tuttora, come minimo, dai contorni incerti.