Racconto - La leggenda della signora delle onde (parte 2)

30.05.2022

Favola scritta da Alessia, Anita, Francesco, Martina, Rebecca e Alessandro

Disegni di Stefania Franchi
Disegni di Stefania Franchi

Il padre di Adam aveva in parte ragione, non su quella cosa dell'aspetto esteriore, quella era una stupidaggine. Aveva ragione quando diceva che su Artolia erano quasi tutti contadini. Quasi tutti, infatti, l'unico abitante che non lo era, in quella stessa notte scavò forsennatamente sotto un melo. Ne estrasse una benda, una maglietta e una spada di legno, si guardò intorno furtivo e corse verso il porto.

Il porto di Artolia era per lo più visitato da navi mercantili, ma qua e là beccheggiavano pigre le barchette di qualche abitante che nei giorni di festa si dilettava a pescare. La figura che si muoveva nel buio ne scelse una in condizioni decenti e ci saltò sopra.

«Dove vai?» disse una voce, che lo fece sussultare.

Adam la riconobbe subito. «Nonno, non cercare di fermarmi. Andrò nell'isola di Gravinca a cercare il mago. Sono un pirata, che tu lo voglio o no.»

«Lo so cosa sei» disse l'anziano facendo un passo avanti. «Ed è giusto così, ma il viaggio che stai per affrontare è pericoloso, anche per il pirata più temibile. Porta questo con te.»

Con grande meraviglia di Adam, il nonno gli porse un piccolo oggetto, luccicante sotto i raggi della luna. Quando lo prese scoprì che era una piccola spilla, a forma di stella marina.

«Apparteneva al nonno di mio nonno, il primo uomo che mise piede su questa isoletta. Non ho mai capito a cosa potesse servire, ma ho sempre pensato che un giorno o l'altro sarebbe stato utile a qualcuno della famiglia. Portala con te, ti proteggerà.»

Adam abbracciò il nonno, sforzandosi di non piangere, come avrebbe fatto un vero pirata, poi si appuntò la spilla al petto, mollò gli ormeggi e si addentrò nel mare scuro, con solo le stelle e la tetra sagoma di Gravinca a indicargli la rotta.

La mattina dopo lo svegliarono le grida dei gabbiani e l'odore del mare. Dopo essersi stiracchiato si voltò, la sua isoletta era poco più di una striscia verde all'orizzonte, mentre davanti a lui torreggiavano le scogliere di Gravinca, con la sua torre a picco sul mare. Era indolenzito e impaurito, ma anche felice ed eccitato, finalmente poteva essere quello che desiderava, avrebbe dimostrato a tutti che essere un pirata non significava per forza essere una brutta persona. 

Mentre studiava le coste ostili del suo bersaglio cercando un punto di attracco, il mare cominciò a ribollire, come se qualcuno avesse acceso un enorme fuoco sul fondo e stesse per buttare quintali di spaghetti. Ma Adam sapeva bene che non era pasta quella che si stava agitando sotto la sua barchetta, c'era solo una creatura che poteva sprigionare quella forza.

Come vi ho detto le acque intorno ad Artolia erano infestate dai pirati, gentaglia attaccabrighe della peggior specie, che non temevano quasi nulla. Quel "quasi" aveva un nome: Spuma.

Disegni di Stefania Franchi
Disegni di Stefania Franchi

Anche se il nome potrebbe trarre in inganno, Spuma non era un simpatico cavalluccio marino (anche se ne era lontano parente), ma un serpente marino, con la coda da orca e tre teste di drago. Tutte e tre con un pessimo carattere.

Adam fece appena in tempo ad aggrapparsi al bordo della barchetta che l'enorme corpo flessuoso di Spuma si stagliò contro il cielo, creando onde altissime. Il serpente marino ringhiava pregustandosi il lauto pasto, era gigantesco! Pensate all'animale più grande che riuscite a immaginare e moltiplicatelo per tre!

Adam si voltò verso Artolia, valutando la distanza della costa, ma si rese conto che non sarebbe mai riuscito a tornare indietro. Era completamente in balia del mostro. In quel momento si rese conto che non bastava una maglia a righe per essere un pirata, né una benda sull'occhio. Per essere un pirata vero ci voleva coraggio e lui in quel momento non ne aveva neanche un briciolo. 

Spuma sollevò la coda di orca al cielo e con uno schianto terribile mandò in frantumi la barchetta, Adam fu sbalzato in aria, riuscì ad aggrapparsi all'albero maestro, ma un secondo colpo di coda lo spezzò come uno stuzzicadenti. Il povero ragazzo trovò per miracolo una tavola galleggiante e ci si aggrappò con tutte le sue forze, ma ormai era al limite. Sentiva le forze che lo abbandonavano e anche la sua volontà ormai stava cedendo. Poi tra le onde intravide la sua piccola isoletta, pensò a suo padre, ai suoi compaesani, la loro sorte dipendeva da lui. Ma non solo quello! 

Come avrebbe potuto far cambiare idea alla gente sui pirati se avesse mollato alla prima missione? Se non si fosse impegnato al massimo, avrebbe dato a tutti la conferma che quello che desiderava essere era sbagliato. Non poteva permetterlo. Con le ultime energie si issò sulla tavola e ci salì in piedi.

«Ehi, faccia da pesce» gridò al serpente che stava scrutando tra i pezzi di relitto in cerca della sua colazione.

La prima testa si voltò. «Ehi, credo che il piccoletto ce l'abbia con te!»

«Ma se sono il più bello dei tre» disse la seconda. «Ce l'ha con lui!»

«Con me? Che sfrontato, adesso me lo mangio!» ruggì la terza.

Adam tremava per la paura e perché era bagnato fradicio, ma non indietreggiò, anzi fece un passo avanti. Aveva intravisto uno spiraglio in cui si poteva far valere. «Fai bene a mangiarmi, sono un bocconcino prelibato. Non te ne pentirai» disse.

«Aspetta un attimo. Perché devi mangiarlo tu?» domandò la prima testa.

«Perché mi ha chiamato faccia di pesce. Mi sento offeso.»

«Forse ci ha chiamato me.»

«Ma tu non eri il più bello?»

«No, tu sei più affascinante, hai delle zanne bellissime.»

«Ma che non possono competere con la tua pelle squamosa, una vera delizia.»

«Forse il più brutto son io allora.»

«Me che dici? Quegli occhioni iniettati d'odio non hanno paragone.»

Adam cercò di seguire la conversazione, ma le tre teste di Spuma erano proprio identiche e dopo un po' fece fatica a capire chi stesse parlando, proprio come noi. Lasciò perdere i litigi e decise di trovare un modo per sfuggire al pericolo, era ancora su una tavola e intorno a lui c'erano solo pezzi di legno e corde. Pensò così tanto che gli venne il mal di testa, ma di un'idea nemmeno l'odore.

«Perso per perso» si disse. «Tanto vale provare a vedere se questa spilla ha qualche funzione.»

Mentre armeggiava con la maglietta bagnata però si bucò, e dal pollice uscì una piccola goccia di sangue. Appena toccò la spilla questa l'assorbì e divenne tutta rossa, come una stella marina... o una mela.

La stella iniziò a tremare e a gonfiarsi, si espanse, si allungò, si intorcinò fino a che Adam si trovò sul ponte di un galeone pirata, con tanto di vele, timone e castello di poppa. Si affacciò su un fianco, per vedere se Spuma se ne fosse accorto, ma le tre teste stavano ancora discutendo tra loro. Sul bordo, a lettere d'oro, lesse il nome della nave: la Signora delle Onde.

«Adesso» disse Adam appena si riprese dallo stupore, «devo solo capire come arrivare a Gravinca. Non aveva ancora finito di parlare che le vele si gonfiarono, lo scafò virò e, come a rispondere agli ordini del suo capitano, la nave si avviò verso il suo obiettivo finale.

Anche se ormai stava per risolvere il problema, quando la nave attraccò, Adam provò un forte dispiacere. In quelle ore di navigazione aveva fatto amicizia con la Signora delle Onde, aveva scherzato col cordame e spiegato alle vele il suo piano, loro avevano capito. Avere con sé il suo galeone gli dava coraggio, ma sapeva di non poterlo portare fin sulla torre di Sebastian il Terribile. Quindi prese la sua spada di legno e iniziò a risalire la costa. Era pomeriggio inoltrato quando raggiunse la vecchia torre diroccata, il portone era marcio e divelto e l'edificio pareva abbandonato. 

Adam si fece largo tra erbacce e edera, e si infilò nella torre. L'interno era fresco e umido, nonostante il calore della giornata. Il sole filtrava da piccole finestrelle, illuminando una scala di pietra stretta e muffosa, così ripida che per salirla doveva usare anche le mani. Visto che non c'erano altre strade, Adam iniziò a salire. Perse il conto dei gradini superati i duecento e non era ancora a metà, il piccolo pirata non sapeva da quanto stava salendo, ma sentiva il respiro farsi corto e le gambe stanche e pesanti.

Finalmente, quando ormai stava per cedere, i gradini terminarono di botto davanti a una porta. Questa era nuova e robusta e sembrava ben tenuta.

Adam aveva di nuovo paura, ma ormai era arrivato fin lì e di tornare indietro non se ne parlava, inoltre adesso aveva un vero galeone. Non era più un ragazzino, ma un pirata a tutti gli effetti.

Quindi sistemò la maglietta a righe, infilò la benda sull'occhio e assunse la posa più truce che conosceva: denti ringhianti, occhio assassino, petto in fuori e mani sui fianchi.

Purtroppo, una mano dovette toglierla per bussare, diminuendo così l'impatto della posa, ma valutò che anche così fosse abbastanza truce.

«Chi osa disturbare Sebastian il Terribile» disse una voce dall'interno.

Adam non ci pensò due volte e decise di tenere il gioco: «Sono Adam lo Spietato, terrore dei mari e anche di un paio di laghi. Coi fiumi invece ci vado d'accordo.»

Dall'interno della stanza arrivarono rumori strani, come di qualcosa che si rovescia.

«In che senso lo Spietato? È il tuo cognome?» disse la voce, un po' meno profonda.

«No, così mi chiamano i miei nemici, e il Terribile invece?»

«Mi ci chiamano gli amici» rispose la voce all'interno, che aveva recuperato un po' di baldanza. «Perché i miei nemici sono tutti morti.»

«Che fortunato! Io non ho molti amici» disse Adam.

«Davvero? Neppure io.»

«Beh, ci credo, se hai fatto fuori tutte quelle persone.»

«Ma no, dicevo per dire. Sebastian il Terribile è un nome che mi sono dato da solo. Non mi piace nemmeno, avrei preferito Sebastian il Simpaticone, ma i miei ci tengono che mantenga la tradizione di famiglia.»

«Anche i miei! Vorrebbero che coltivassi mele, ma io voglio essere un pirata.»

Piano piano la porta si aprì e Adam si trovò di fronte a un bambino della sua età, solo un po' più alto e pallido. Aveva una lunga tunica nera che gli copriva anche i piedi.

«Non sembri un pirata» disse il bambino.

«Ho un galeone e ho appena sconfitto un mostro marino a tre teste.»

Sebastian trasalì: «Non avrai fatto del male a Spuma, vero? E l'unico amico che ho.»

«No, no ma credo che le sue teste stiano ancora litigando. Perché sei qui? E perché hai rubato il colore alle mele?»

«Perché mi annoio in questa torre, io non lo voglio fare il mago malvagio. L'ho detto ai miei e mi hanno mandato qua. Il mio sogno è vivere all'aria aperta, nella natura. Non in un'umida torre puzzolente.»

Adam guardò il bambino per qualche secondo, poi sorrise: «Forse ho un'idea.»

Quando la Signora delle Onde attraccò al porto di Artolia, Sebastian aveva già rotto l'incantesimo e le mele erano tornate del loro colore originale. Ma il miracolo passò in secondo piano rispetto allo spettacolo di un galeone pirata che navigava da solo e salutava sventolando la vela di trinchetto, seguito da un enorme mostro con tre teste di drago e la coda di orca. Tutti gli isolani accolsero Adam con grandi festeggiamenti e si fecero raccontare mille volte la sua avventura. Sebastian all'inizio fu un po' timido, ma poi stimolato dal sole e dai sorrisi si lasciò andare e alla fine della giornata tutti furono d'accordo nel chiamarlo Sebastian il Simpaticone.

I due rimasero nell'isola insieme, diventarono grandi amici. Sebastian imparò a lavorare nella fattoria mentre Adam iniziò a viaggiare per mari. Prima per piccole avventure, poi sempre per maggior tempo, ma nemmeno una volta si dimenticò di tornare a casa per la Festa del Raccolto, per abbracciare la sua famiglia e il suo amico e raccontare le leggendarie gesta della Signora delle Onde.

Fine


(Scritto a Lucca Città di Carta 2022, in occasione della lettura animata di "Guida turistica per sognatori", di Alessandro Ricci e Stefania Franchi).