Leggende d'Italia: Il licantropo del borgo del Piagnaro
Marco Bertoli ci guida tra le leggende di Pontremoli
Nel racconto "Lupomanaio", inserito nell'antologia "Bestie d'Italia - volume 1", lo scrittore Marco Bertoli ci porta in una Pontremoli medievale, durante l'assedio condotto dal Barbarossa e interrotto bruscamente... da un licantropo! Scopriamo di più.
IL CASTELLO DEL PIAGNARO
Se la prima notizia storica che riguarda Pontremoli risale al 994, anno in cui Sigerico, arcivescovo di Canterbury, cita "Puntremel" come XXXI tappa del suo viaggio di ritorno da Roma, le origini del castello sono antecedenti quella data. La fortificazione, infatti, fu costruita in-torno a una torre edificata dalla famiglia longobarda degli Adalberti sopra una delle colline che bordano il versante meridionale del Monte Molinatico. La scelta della posizione non era stata casuale ma derivata da una precisa visione strategica perché consentiva il controllo delle principali strade dell'epoca, quella del Borgallo (Bratello) e la Franci-gena (Cisa). Poco dopo l'anno 1000 il maniero fu inglobato nel sistema di mura e torri costruito a difesa della città.
Il nome insolito deriva dalle "piagne", le lastre irregolari d'arenaria grigia che, da sempre, sono impiegate in Lunigiana per realizzare i tetti delle abitazioni. Il primo documento che lo cita è del 1262, dove è definito "Planele".
Più volte distrutto, ricostruito e rimaneggiato nel corso dei se-coli, del nucleo primitivo, che ne costituiva la porzione posta più in alto, non rimangono tracce. Il mastio visibile oggi, la parte più antica dell'attuale fortezza, fu eretto nella seconda metà del 1400, quindi non fu certo sui suoi spalti che Arrighetto montava la guardia in quella tragica notte di settembre dell'anno 1167.
IL LUPOMANAIO
Nonostante la storia millenaria di Pontremoli e del suo castello, la leggenda del Lupo mannaro è abbastanza recente perché comincia a circolare ai primi del 1800. Secondo il mito, durante le notti di luna piena, nei vicoli angusti - i "sorchetti" - ai piedi della fortificazione echeggiano i richiami di una creatura mostruosa.
Il poeta pontremolese Luigi Poletti la descrive nella sua poesia "Al Lupomanaio" come "mès omon, mès can", cioè mezzo uomo e mezzo cane. Un essere che ulula come un lupo e piange come un cri-stiano. Guai a guardarlo negli occhi gialli che traboccano di ferocia perché si morirebbe all'istante di paura. Più forte di Sansone, più rabbioso di una tigre e nervoso di un leone, invulnerabile anche alle armi da fuoco, il licantropo ha una debolezza che solo un genio poteva attribuirgli nel crearlo: "trei scalin soli lü il poss montèr sü", non può salire più di tre scalini.
Non potendo sfruttare nel mio racconto questo punto debole, ho attinto alla tradizione classica ricorrendo a un oggetto d'argento per ferirlo.
Concludo spiegando il motivo per cui ho deciso di scrivere un racconto ambientato a Pontremoli prendendo come spunto il Lupomanaio. Mio padre era del luogo e rammento ancora con piacere i brividi di paura che provavo da bambino quando mi raccontava la leggenda.
(Articolo di Marco Bertoli)