I luoghi di "Il vortice dei dannati"

09.07.2021

SCOPRIAMO SAN BENEDETTO DEL TRONTO, NELLE MARCHE

«...dalle colline dorate si scorge la spiaggia di San Benedetto del Tronto cittadina di pescatori... stupende barche da pesca che solcano il mare Adriatico, barche con le vele dipinte con soggetti religiosi o con antichi emblemi, esse vanno cullate dalle onde di un mare sempre vivo sempre nuovo e sembra che il murmure delle acque costituisca una lene musica...»

Queste le parole con cui il celebre compositore Franz Liszt descrisse San Benedetto del Tronto, città di circa cinquantamila anime sulle rive del mare Adriatico.

Nel corso dei secoli sono stati utilizzati vari toponimi per il centro abitato, da San Benedetto in Albula a San Benedetto nella Marca. Nel 1862, per distinguerla dalle altre località omonime del neonato Regno d'Italia, la città fu denominata ufficialmente San Benedetto del Tronto. Il nome ha origine da un santo, il martire Benedetto. Vissuto al tempo di Diocleziano, Benedetto era un soldato romano dislocato nel presidio militare alla difesa della città di Cupra Marittima. Essendosi rifiutato di abiurare la fede cristiana e di riconoscere gli dei pagani, fu martirizzato sul ponte del torrente Menocchia il 13 Ottobre del 304 d.C.. 

Dopo essere stato decapitato il suo corpo fu gettato in mare. La leggenda narra che in mare la testa non si sia separata dal corpo, e che le sue membra siano state trasportate verso sud grazie all'aiuto di alcuni delfini, che le hanno trasportate fino ad adagiarle sulle spiagge prospicienti all'odierna San Benedetto. Qui il corpo del martire sarebbe stato trovato da un contadino, che dopo aver chiamato aiuto ha caricato i resti del santo su un carretto trainato da buoi. Questi avrebbero trainato il carro fin sopra un colle poco distante dalla costa, dove Benedetto è stato sepolto. Sul luogo sarebbero sorte poi una cappella e una Pieve, attorno alla quale si è sviluppato il primo nucleo urbano, fino alla costruzione nel XVIII secolo dell'attuale Abbazia San Benedetto Martire.

Porto di San Benedetto del Tronto
Porto di San Benedetto del Tronto

Di seguito, alcune location cittadine che hanno fatto da sfondo a gran parte del romanzo.

Il Porto di San Benedetto del Tronto ospita un'importante flotta di pescherecci di stazza variabile, e molte lampare. Dopo Ancona, è il primo porto peschereccio delle Marche, oltre che un'infrastruttura dedicata all'approdo turistico e al diporto nautico. La pesca è prevalentemente "a strascico", ma è diffusa anche la pesca dei molluschi con draghe manuali, e la piccola pesca.

La Torre dei Gualtieri, denominato anche Mastio della Rocca, più popolarmente noto come Torrione (lu Turriò o lu Campanò) è forse l'elemento più rappresentativo della città, spiccando dall'altura del Paese Alto.

Eseguita nell'ultimo ventennio del XV secolo a seguito di una ristrutturazione della cinta muraria dopo uno dei tanti conflitti tra Ascoli e Fermo presumibilmente dalla famiglia Gualtieri, la quale, verso l'anno 1145 iniziò la riedificazione del castello (sopra le rovine dell'antica pieve caduta in rovina per mano dei pirati turchi che depredavano le coste o per le invasioni barbariche) terminata circa ben tre secoli dopo con la costruzione di questa insolita torre a pianta esagonale.

Il faro di San Benedetto del Tronto
Il faro di San Benedetto del Tronto

Il faro è entrato in funzione ufficialmente nel 1957. Di vitale importanza per naviganti e marinai che, prima della sua costruzione, avevano come riferimento solo il Torrione e il suono delle campane; non a caso è stato costruito lungo la perpendicolare che parte dal Paese Alto in direzione est. Sulla sua sommità è collocata una lampada alogena da 1000 W che emana una luce bianca che, grazie a delle lenti opportunamente combinate ed allineate, viene riflessa emergendo come un intenso fascio di raggi paralleli, quindi convogliata in un unico punto e proiettata in lontananza. 

In presenza di nebbia si aziona pure il "nautofono" collocato sulla punta del molo sud che emana un segnale sonoro per le imbarcazioni che altrimenti non riuscirebbero a percepire i due fanali identificativi dell'imboccatura del porto, rispettivamente con luce verde nel molo nord e con luce rossa nel molo sud. Il faro oggi funziona in automatico grazie a una fotocellula che lo aziona o lo spegne, ma all'epoca della sua costruzione era un faro manuale il cui funzionamento si realizzava dietro degli ingranaggi mossi da un peso motore che quotidianamente doveva essere ricaricato dal custode.